1 Dicembre 2025
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Madre del popolo di Dio in cammino

Il 7 ottobre 2025  Papa Leone XIV ha firmato la nota Mater Populi Fidelis, promulgata dal Dicastero per la Dottrina della Fede. Il documento, che nasce da una istanza teologica, pastorale ed ecumenica, intende presentare una sintesi dell’attuale riflessione della Chiesa riguardo ad alcuni titoli e appellativi mariani venuti in luce nella devozione, in alcune forme di spiritualità mariana, in alcune intuizioni teologiche o nel sensus fidei del popolo di Dio. Si profila quindi una riflessione sulla figura di Maria che affonda le radici nella Scrittura, nei Padri, nei Concili Ecumenici, nella prospettiva delineata in Lumen Gentium, nel contributo del magistero postconciliare, e che intende chiarificare alcuni aspetti, alla luce del mistero di Cristo come unico Mediatore e Redentore, per meglio comprendere la bellezza della Santa Madre di Dio e della sua maternità nei confronti dei credenti e di tutti gli uomini. Nella consapevolezza che tutto questo «implica una fedeltà profonda all’identità cattolica e al tempo stesso, un particolare sforzo ecumenico», si tiene conto del cammino teologico e spirituale specifico della Chiesa di Oriente e di Occidente, mettendo in luce per l’Oriente la venerazione delle icone insieme allo stretto legame di Maria con la Divina Liturgia e quindi valorizzando la dimensione mistagogica della mariologia, mentre per l’Occidente si prende in considerazione la tradizione teologica portata a considerare il rapporto di Maria con la Passione di Cristo. Da queste due prospettive, come noto, sono scaturiti gli appellativi di Theotòkos, Odegetria, Panaghia per l’Oriente e i titoli di Mediatrice e Corredentrice per l’Occidente che non poche difficoltà hanno creato ai cristiani della Riforma e di altre Chiese. Ed è proprio su questi due titoli che si focalizza l’attenzione del documento, riflettendo sulla «cooperazione straordinaria di Maria nel piano di salvezza», sia come «partecipazione oggettiva alla Redenzione portata avanti da Cristo», sia per quanto riguarda «l’influsso che lei attualmente esercita verso coloro che sono stati redenti» (4). Due affermazioni di LG rappresentano i punti cardine intorno a cui si snoda la riflessione: il fatto che «Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma cooperò alla salvezza dell’uomo» (LG 56), e il fatto che Maria va contemplata e messa in luce ma «in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore» (LG 62). Per una chiarezza in ambito teologico, pastorale ed ecumenico, il documento si propone di «mantenere il necessario equilibrio […] tra l’unica mediazione di Cristo e la cooperazione di Maria all’opera di salvezza» (3). In quest’ottica, il titolo di Corredentrice che nel XVIII ha sostituito quello di Redentrice proposto da S. Bernardo, viene considerato «inappropriato» e «sconveniente» (22): in tal senso si fa riferimento a una osservazione di Joseph Ratzinger, secondo cui «la formula Corredentrice si allontana troppo dal linguaggio della Scrittura e dalla patristica, e quindi causa malintesi. Tutto viene da Lui […] Maria è ciò che è grazie a Lui. Il termine Corredentrice ne oscurerebbe l’origine»[1]. Per quanto riguarda il titolo di mediatrice, si afferma che la mediazione di Maria non può essere intesa come un complemento o completamento dell’unica mediazione di Cristo, e nemmeno come una sorta di mediazione parallela, perché «essendo associata a Lui, è Maria a ricevere dal Figlio un dono che la pone al di là di se stessa, perché le è concesso di accompagnare l’opera del Signore con il suo carattere materno». E si specifica che Maria non può essere intesa come Mediatrice di grazie in senso assoluto, perché lei è la prima redenta, e «il dono della grazia la precede e procede dall’iniziativa assolutamente gratuita della Trinità, in previsione dei meriti di Cristo. Lei, come tutti noi, non ha meritato la propria giustificazione». Queste parole provengono da un decreto tridentino[2]: sono state pronunciate in altro contesto storico-teologico, ma oggi risuonano paradossalmente con un significato ecumenico, poichè fanno pensare a quanto Lutero stesso aveva intuito e affermato nel Commento al Magnificat del 1521, e a quanto è stato affermato in modo concorde nel 1999 nella Dichiarazione Congiunta Cattolico-Luterana sul principio della giustificazione. Possiamo osservare che tali parole sono in piena sintonia con il concetto di kecharitomene (Lc 1,28), “colei che è stata riempita dalla grazia”.  Ed in quanto Maria è stata riempita dalla grazia, «lei con la sua intercessione può implorare per noi gli impulsi interiori dello Spirito Santo […] che chiamiamo grazie attuali […] In tale senso preciso si deve interpretare il titolo di “Madre della grazia” » (69). Si evidenzia infatti che la maternità di Maria nell’ordine della grazia LG scaturisce dal Mistero Pasquale di Cristo: l’unica mediazione di Cristo, infatti, è inclusiva, e comprende quindi anche la Madre, che può intercedere per noi. Si può dunque dire che «l’universalità della cooperazione materna di Maria è innegabile in un senso preciso: lei è la Madre di Cristo, il quale è la grazia per eccellenza e l’Autore di tutta la grazia» (71). Il documento si chiude con l’immagine di Maria, vera discepola di cristo, prima dei redenti, madre del popolo fedele. E ci piace pensare che giorno dopo giorno, nonostante la polvere della storia e le difficoltà degli uomini, Maria, Mater ecclesiae che “precede” il popolo di Dio in cammino, continua a guidare con pazienza, costanza e amore di Madre, tutti i battezzati e le Chiese cristiane verso la piena unità.

Viviana de Marco

[1] J. Ratzinger-P. Seewald, Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio. In colloquio con Peter Seewald, Milano 2001,p.278

[2] Cf.Conc.Ecum di Trento, Sessione VI. Decretum de iustificatione,8: DH1532