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Notiziario
L’Istituto Teologico Marchigiano ringrazia il Signore per la discreta e feconda presenza tra noi di fratel Cruz Oswaldo Curuchich Tuyuc, che oggi è tornato alla casa del Padre. Fr. Oswaldo è stato per diversi anni apprezzato docente di teologia spirituale nella sede di Fermo. Lo ricordiamo con gratitudine e stima con una straordinaria lettera pubblicata su Jesus Caritas (VIII, n. 8, 15 novembre 2015).
«E mi raccomando non dimenticate…»
Carissimi,
prossimamente, verso la fine di novembre, dovrò essere sottoposto a un nuovo intervento chirurgico dopo quello particolarmente delicato del gennaio 2000 e quello successivo del 2003. Sono certo che conoscete già, grosso modo, la mia vicenda, ma colgo questa occasione per condividere alcuni dettagli e qualche pensiero a proposito. Nel dicembre 1999 – un anno circa dopo la mia professione perpetua – mi è stato diagnosticato un Carcinoma midollare tiroideo (in internet si trovano molte informazioni) in uno stato molto avanzato e i medici non erano proprio ottimisti dal momento che mi avevano dato 3-6 mesi per prepararmi al «grande incontro». Sono stato operato d’urgenza e poi… i mesi e gli anni sono passati. Nel dicembre 2003 ho subito un secondo intervento a causa dei linfonodi che si erano formati e da allora la malattia è stata curata per mezzo di terapie farmacologiche per contrastare l’attività delle cellule cancerogene.
Ora molto probabilmente è iniziata per il sottoscritto una nuova fase di questa ormai vecchia «convivenza»: dopo un anno piuttosto impegnativo a causa di effetti collaterali dei farmaci che assumo, a partire dallo scorso mese di agosto ho perso l’intensità della voce a causa di una corda vocale bloccata. Non è stato molto difficile individuare il motivo principale: una progressione della malattia nella medesima zona sensibile. Dopo diversi accertamenti finalmente i medici hanno optato per l’intervento chirurgico. La decisione però non è stata facile perché a rischio sono le corde vocali e non si esclude la perdita totale della voce.Tuttavia questo pericolo era già presente al momento del primo intervento.
Qual è il mio stato d’animo? Ho paura? Sono in ansia? Sono preoccupato?... Penso che queste domande siano spontanee ed umane, ma credo sinceramente di non poter rispondere con un semplice sì-no. I fratelli che mi tengono d’occhio forse hanno delle risposte migliori. Il mio è stato sempre un caso molto particolare; nonostante ciò ho avuto la fortuna di non soffrire molto fisicamente e, nella misura del possibile, ho vissuto regolarmente la vita della fraternità. Ho sempre sostenuto l’idea che io e la mia cartella clinica non andiamo proprio d’accordo, infatti ognuno va per conto suo! Certamente ho avvertito la mia personale fragilità e mi sono anche sentito limitato, costretto a mettere al primo posto i miei frequenti e puntuali appuntamenti clinici. E quanta gente ho visto negli ospedali…
Sono ben consapevole che di fronte al mistero della malattia ogni individuo reagisce in modo diverso perché si tratta di una lotta personale. Il mio punto di vista è sicuramente un po’ diverso, a cominciare dal fatto che di pensare che conoscere tutta la verità sia stato il modo migliore per venirmi incontro. Poi non ho mai considerato la mia situazione soltanto una sfida personale ma sempre comunitaria: i fratelli sono stati i miei angeli custodi e forse, come succede in tutte le famiglie, sono stati loro i più provati.Quindi vederli preoccupati in questo periodo mi sembra sia comprensibile e allo stesso tempo bello. Non nascondo che il pensiero di dover diventare un peso per loro mi preoccupa un pochino e so anche che questa è una tentazione da scacciare.
È chiaro che questo fatto ha determinato molto la mia vita, forse anche il mio carattere, ma mi auguro soprattutto che sia un aiuto permanente per la mia conversione. Con il Signore non ho mai litigato per questo, anzi dirò che la domanda «perché io, Signore?» non fa parte della mia preghiera, tanto so che alla fine ha ragione Lui! La prendo «con filosofia» come si usa dire, cioè inserendolo nel grande mistero della vita/morte dell’uomo: bene-male, salute-malattia, speranza-incertezza. D’altronde, se quando un membro della nostra famiglia o un amico diventa medico siamo felici e facciamo festa, perché non riconosciamo che indirettamente ci auguriamo che a lui non manchino i pazienti? E poi, per quanto riguarda il cammino percorso e quello che sarà il domani sono convinto che non sarò mai solo. Consentitemi un’ultima battuta: da latinoamericano doc, non ho nessuna difficoltà di parlare del mio ultimo e definitivo «viaggio»: un giorno sono nato e un altro dovrò concludere questo mio pellegrinaggio, come e quando non lo so, ma dopo tutto il tempo, le energie, i mezzi e la pazienza che abbiamo dedicato al mio caso, penso che sarebbe ingiusto che io completassi il mio viaggio terrestre durante un incidente aereo!
Ben conoscendo la vostra amicizia e generosità, vi chiedo di pregare per la nostra fraternità, così piccola e fragile in questo momento. E quando pensate a me, chiedete che non venga meno la mia fede e che sappia vivere coraggiosamente i giorni che verranno. Grazie di cuore.
fratel Oswaldo jc
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